giovedì 30 maggio 2013
Sabato 1 - Concerto a San Torpete
mercoledì 29 maggio 2013
martedì 28 maggio 2013
Inquietudine diffusa
“Inquietudine. Virtù e conoscenza” è il file rouge dell’edizione 2013 della Festa dell’Inquietudine, che si terrà dal 31 maggio al 2 giugno nel complesso monumentale di Santa Caterina a Finale Ligure. a partecipare vi saranno nomi del mondo della cultura, dello spettacolo, delle arti che per tre giorni si alterneranno in dibattiti e similia sul palco dell’auditorium e nei chiostri di Santa Caterina. Il motto della manifestazione è l’esortazione dantesca "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza".
L'inquietudine della festa è infatti il desiderio estremo di conoscenza, bisogno umano di andare oltre il conosciuto, oltre il visibile, oltre i limiti, perfino, della propria semenza.
Il dibattito di apertura, il 31 maggio alle 15, è organizzato il collaborazione con il Centro Pannunzio di Torino, sarà dedicato a Enzo Tortora, e vedrà la partecipazione di Luciano Violante, della compagna di Enzo Tortora Francesca Scopelliti, del direttore del Pannunzio Pier Franco Quaglieni, del giornalista Francesco Cevasco e del docente di diritto processuale penale all’Università di Udine Andrea Scella.
A Paolo Pejrone, architetto che ha progettato parchi e giardini in tutto il mondo, sarà consegnato il 31 maggio alle 21 il Premio Gallesio.
Inoltre il cantautore Max Manfredi terrà un concerto-tributo all’inquietudine il 31 maggio alle 21,50, l’Ensemble Martesana Incanto si esibirà in uno spettacolo dal titolo “La musica non è indifferente”.
Oltre agli aperitivi psicologici a cura di Spia, Sentieri di psicologia integrata e applicata, la mostra “Cicòn” di Gianfranco Asveri e le visite al Museo Archeologico del Finale.
Altre info su: www.circoloinquieti.it
Www.giovaniliguria.it
lunedì 27 maggio 2013
Mille e mille vele ancora per la Festa della Repubblica
La Mille Vele è uno di quegli eventi che si aspettano, o meglio che aspetto, con ansia.. oltre ad inaugurare in qualche modo l'estate e a "tagliare i ponti" (prendere il largo direbbe qualcuno..) con/dall'inverno illumina la città di uno splendore antico. Il porto, Janua, La Superba... Quella cosa che noi genovesi dimentichiamo spesso, ovvero, la nostra vicinanza con il mare, la nostra origine di piccolo (e poi grande) porto, il nostro carattere rurale viene, in qualche modo, rievocata.Con la mente, forse, si può tornare ai tempi in cui Genova non era la piccola città in un grande mondo globalizzato, ma era il grande porto, la grande repubblica nel piccolo mondo conosciuto.Possiamo immaginare il fascino di quei tempi durante i quali le imbarcazioni a vela, quotidianamente, "invaredevano" di macchie bianche od eburnee le acque del litorale..Possiamo, forse, tornare ad apprezzare il vento, l'acqua... e le piccole barche, tanto più a contatto con la natura, piuttosto che i "biscioni"/hotel galleggianti che inquinano il nostro mare e la nostra vista...
da anNOTAre.. - 13

sabato 25 maggio 2013
giovedì 23 maggio 2013
Concerto a Palazzo Ducale
La Notre Dame University è una delle più antiche università americane, Genova è l'unica tappa italiana di una tournèe europea che si concluderà a PArigi.
L'iniziativa si inserisce nella XXIII Rassegna di Musica per Fiati e Percussioni con il patrocinio e la collaborazione del Ministero dei Beni e Attività Culturali, Regione Liguria, Comune di Genova, Municipio VI Medioponente, Banca Carige e Assomusica.
Ingresso libero
mercoledì 22 maggio 2013
Petite Messe ad Imperia - 25 Maggio
LO SPETTACOLO VERRA' REPLICATO DOMENICA 26 MAGGIO ALLE 21.00 A LAIGUEGLIA NELLA CHIESA DI SAN MATTEO
Buon Compleanno Richard!
Attila - Maratona Verdi 2013 - XV
rea Zese (Ezio), Francesca Scaini (Odabella), Alessandro De Angelis (Uldino), Goran Ruzzier (Leone), direttore dal M° Manlio Benzi, e regista Dino Gentili.
Ezio, generale romano - baritono
Uldino, giovane schiavo bretone di Attila - tenore
Foresto, cavaliere aquileiese - tenore
Papa Leone I - basso
Duci, re e soldati unni, gepidi, ostrogoti, eruli, donzelle d'Aquileia in abito guerriero, ufficiali e soldati romani, vergini e fanciulli di Roma, eremiti, schiavi
Trama
(Prologo) - Intorno alla metà del V secolo Attila, capo degli Unni, ha conquistato e distrutto Aquileia. Il condottiero compare su un carro tra le rovine della città incendiata, sul finir della notte, mentre le sue orde lo acclamano (Introduzione: “Urli, rapine”). Avendo notato un gruppo di vergini italiche, che si sono difese in armi, Attila chiede loro la ragione di tanto coraggio. Gli risponde fieramente Odabella, figlia del signore di Aquileia: il motivo è l’amor di patria (scena e cavatina “Allor che i forti corrono”).Attila, ammirando il suo valore, le offre una grazia; poiché Odabella chiede una spada, le porge la sua. La giovane esulta, sapendo che con quell’arma potrà un giorno colpire l’oppressore. Attila si sente attratto da Odabella e ordina che rimanga, con le altre donne, presso il suo campo. Accoglie poi il generale romano Ezio, che propone al nemico di scendere a patti con una spartizione dell’Italia; ma la sua proposta è sdegnosamente rifiutata (duetto “Tardo per gli anni e tremulo”).
Rio Alto nelle lagune adriatiche - Da alcune capanne esce un gruppo di eremiti, che ricordano la triste notte e pregano il Signore. Approdano in laguna alcune navicelle, da cui scendono fuggiaschi di Aquileia guidati dal giovane cavaliere Foresto. Questi rivolge il pensiero all’amata Odabella, che sa prigioniera (scena e cavatina “Ella in poter del barbaro!”). Il coro lo esorta alla speranza.(Atto I) Bosco presso il campo d’Attila - Gli Unni sono ormai alle porte di Roma e si preparano alla conquista e al saccheggio della città. È notte; Odabella è sola e può finalmente dare libero sfogo al suo dolore. Nelle nuvole crede di scorgere le immagini del padre e dell’amato Foresto (scena e romanza “Oh! nel fuggente nuvolo”). Questi compare all’improvviso, in abiti barbari, e accusa Odabella di connivenza col nemico; ma la giovane si discolpa, mettendolo al corrente dei suoi propositi di vendetta (scena e duetto “Sì, quell’io son, ravvisami”). Tenda d’Attila - Un sogno turba il sonno di Attila: sta per conquistare Roma, quando un vecchio spettrale gli impone di tornare indietro, rispettando un luogo sacro (scena e aria “Mentre gonfiarsi l’anima”). Ripresosi dallo spavento,Attila chiama i capi del suo esercito e ordina loro di muovere subito alla conquista di Roma. Ma agli squilli di tromba fanno eco voci lontane che intonano un canto sacro.
Da una collina scende una processione guidata da Leone, nel quale Attila riconosce lo spettro del sogno. Alle parole del vecchio, Attila, tra lo stupore generale, è preso dal terrore. (Atto II) Campo d’Ezio -
L’imperatore Valentiniano ha imposto a Ezio la tregua con gli Unni. Questi legge sdegnato gli ordini giunti da Roma, vagheggiando la riscossa della patria (scena e aria “Dagli immortali vertici”). Si presentano un gruppo di schiavi di Attila, che invitano il generale romano al campo dei barbari. Ezio accetta l’invito. Uno degli schiavi rimane e si rivela essere Foresto. Questi confida a Ezio che Attila sta per essere ucciso e gli chiede di piombare, a un segnale convenuto, sul campo nemico. Ezio esulta per l’avvicinarsi del momento decisivo. Campo d’Attila. Gli ufficiali romani guidati da Ezio, che viene con nuove proposte di alleanza, fanno il loro ingresso al campo di Attila, preparato a festa. Il capo degli Unni siede a lato di Odabella. Mentre le sacerdotesse intonano una canzone lieta, un soffio di vento spegne le torce, causando lo spavento generale. Foresto indica a Odabella la tazza con il veleno destinata ad Attila, ma questa replica che il barbaro morrà per opera di spada. Le torce vengono riaccese. Odabella ferma Attila, che sta per bere dalla tazza, svelando il tradimento. Foresto si avanza accusandosi del tentativo di avvelenamento.
Odabella ottiene per sé la persona del traditore; Attila, impressionato dal gesto della giovane, dichiara che la sposerà l’indomani. Odabella spinge Foresto a fuggire, mentre gli Unni incitano il loro capo a riprendere le stragi. (Atto III) Bosco che divide il campo di Attila da quello di Ezio - Foresto apprende che stanno per avere luogo le nozze di Attila e Odabella; avverte le schiere romane che si tengano pronte a piombare sul campo nemico e, rimasto solo, rimpiange il suo amore perduto (scena e romanza “Che non avrebbe il misero”). Dal campo romano giunge Ezio, pronto all’attacco; compare anche Odabella, che è fuggita dal campo degli Unni e scongiura Foresto di crederle (terzetto “Te sol, te sol quest’anima”). Ma Attila, che ha inseguito Odabella e la vede tra i nemici, comprende le sue reali intenzioni e le rinfaccia l’ingratitudine (quartetto finale “Tu, rea donna, già schiava”). I Romani intanto danno l’assalto al campo degli Unni. Foresto si lancia per colpire Attila, ma Odabella lo ferma e trafigge lei stessa il capo dei barbari, vendicando così il padre e il suo popolo.
L'opera in breve saggio di Claudio Toscani scaricabile qui.
Saggio di Philip Gosset su Attila qui (in Inglese).

Una nuova rappresentazione di un’opera giovanile di Verdi come Attila invita a una riflessione: perché, tra i grandi operisti italiani (Rossini, Bellini, Donizetti, Puccini), Verdi sembra prevalere nell’ammirazione collettiva? Perché il nostro musicista parmense - barbuto come un profeta - gode più degli altri di quest’aura biblica di padre della patria?Il discorso sarebbe lungo, ma forse una risposta breve c’è: nell’Italia divisa dell’età risorgimentale, la sua musica a volte rozza, ma certo battagliera, i suoi personaggi tutti d’un pezzo e incapaci di doppiezze incarnavano l’esatto contrario del prudente timore nel quale molti italiani vivevano. Una ventata di eroismo plebeo rinfrancava ed eccitava ascoltatori “moderati” che si vergognavano un po’ di lasciare ad altri il compito di unire l’Italia.Il dramma lirico Attila venne composto per il Teatro La Fenice di Venezia dove fu rappresentato nel carnevale del 1846. Si trattava di una storia “locale”: nel quinto secolo dopo Cristo avvenne infatti la distruzione di Aquileja ad opera delle orde barbariche guidate dal celebre re degli Unni.Attila - gloria nazionale dell’Ungheria - non ha mai goduto di buona stampa in Italia. Però Verdi optò per una via di mezzo: fece trarre il libretto da una tragedia tedesca, Attila, König der Hunnendi Zacharias Werner, nel quale il condottiero ha una sua lealtà e non viene presentato solo come uno stragista sanguinario e brutale. Per esempio è turbato da sogni che si avverano.C’è un passo nel prologo in cui due versi hanno diviso i commentatori: “avrai tu l’universo, / Resti l’Italia a me”, intonati dal generale romano Ezio. Al di là dell’entusiasmo che suscitavano allora al primo ascolto, si trattava di un mercanteggiamento ben poco eroico. .. Ma il “flagello di Dio” trova pane per i suoi denti nella guerriera italica Odabella, ben più furibonda del di lei fidanzato Foresto, anch’egli alla ricerca del riscatto per la distruzione della loro Aquileja.
L’aggressività patriottica della fiammeggiante vergine la porta persino a interrompere l’avvelenamento del condottiero pur di poter far giustizia lei in persona. Accetta addirittura di sposarlo, e quando Foresto sta per trafiggere Attila è lei a precederlo d’un soffio con la sua spada vendicatrice. Una storia ingenua, ma con grandi colpi di scena e tanto amor di patria.Il libretto venne commissionato a Temistocle Solera, l’autore del libretto di Nabucco. Però Verdi a un certo punto lo sfiduciò, affidando il completamento a un altro patriota, Francesco Maria Piave, non perché fosse veneziano (e per la precisione dell’isola di Murano), e quindi anti-Attila, ma perché era di natura più accomodante e pronto a soddisfare le richieste dell’esigente musicista.Attila è dunque opera risorgimentale e, come opera politica, segna il trionfo delle teste calde, spesso criticabili, ma, nel nostro profondo, altrettanto spesso ammirevoli.Lo spettacolo del regista Gabriele Lavia, nella sua ambientazione in un mondo distrutto - un teatro romano, un teatro d’opera, un cinema – coglie inizialmente nell’opera il buio della barbarie, ma per poter far meglio esplodere la luce della libertà.
Vi propongo poi la mia traduzione parziale di un articolo di TUTTOOPERA:
martedì 21 maggio 2013
Studiare musica? No grazie???!
lunedì 20 maggio 2013
da anNOTAre... - 12
Buona Settimana!

sabato 18 maggio 2013
Fiera / Festa della Musica ad Albenga!

Buon week-end,
Giorgia
venerdì 17 maggio 2013
Domenica 19 - Messa Concertata a San Torpete
martedì 14 maggio 2013
Götterdämmerung, Il Crepuscolo degli Dei "in prova"

Secondo Consiglio Radiofonico [ Glenn Gould ]
Il sito di RSI recita così:
L’arte pianistica di Glenn Gould celebrata per la prima volta attraverso un radiodramma inedito, trent’anni dopo la scomparsa del pianista e compositore canadese, avvenuta a Toronto il 4 ottobre 1982.La Radio Svizzera Italiana propone “Glenn Gould: il corpo del pianoforte”, radiodramma in 10 puntate scritto e diretto da Carlo Rafele che andrà in onda dal 24 settembre al 5 ottobre dal lunedì al venerdì alle ore 13.30 sulla Rete Due e sul sito Internet www.rsi.ch/dramaradio.10 puntate per raccontare l’epopea pianistica e solisistica di un pianista contemporaneo chiamato Glenn Gould, mescolando fiction, evocazione storica, documenti sonori.La sceneggiatura radiofonica privilegia un itinerario di simboli e di avvenimenti significativi (il “mi dissocio” di Bernstein nella storica serata dell’aprile ’62, pronunciato davanti al pubblico esterrefatto; il ritiro dalle sale da concerto a 32 anni; l’atto d’amore verso il microfono e la Tecnica; le originali congiunzioni sonore tra Bach, Wagner e la musica del ‘900) e muove personaggi immaginari che si contendono la sua problematica eredità culturale (due giovani ricercatrici, Cecilia e Anahì, che si mettono sulle tracce di Gould costringendo la sua ombra a rivelare i propri segreti; un Mefistofele afflitto dagli anni - Nicky-Mefisto – che bussa ripetutamente alla sua porta per incitarlo a tornare nelle sala da concerto; un giudice chiamato a comminare una pena per il Gould colpevole di falsificare il sacro patrimonio concertistico attraverso inaudite manipolazioni).L’innovativo e originale progetto radiofonico vuole provocare la curiosità dell’ascoltatore, accendendo una nuova e diversa prospettiva sulla figura del grande pianista-interprete, cercandone le peculiarità artistiche oltre l’orizzonte anacronistico delle “Variazioni Goldberg”, oltre l’immagine agiografica delle sue prodezze o delle sue eccentricità.«È un lavoro che vuole affermare e mettere in scena l’immagine di un Gould inedito e inconsueto», spiega l’autore Carlo Rafele, «Un artista che si fa critico della cultura, che affronta il suono e le sonorità da una nuova prospettiva analitica, che rende la musica classica infinito legame con le pulsazioni sonore del presente, che plasma l’avvenire del suono facendo di Bach un nostro contemporaneo, spogliando Beethoven o Mozart di ogni insopportabile retorica, restituendo Brahms e Wagner alla vertigine metafisica, privilegiando compositori meno conosciuti come Ernst Krenek, Paul Hindemith, Orlando Gibbons, William Byrd».Dopo Gould niente è rimasto come prima. Com’è accaduto per Godard nel cinema, Bacon in pittura, Gombrowicz o Nabokov in letteratura, il pianista canadese ha impresso all’arte della seconda metà del ‘900 un segno inimitabile, costringendo gli ignavi e i sopravvissuti a prenderne atto. Recentemente, il dibattito si è riacceso su parametri nuovi, scavalcando il mito ormai anacronistico delle Goldberg, focalizzandosi su questioni che investono la materialità del suono, il vitalismo concreto del fare musica, il suo infinito abitare la vita quotidiana, investendo quindi la filosofia, dischiudendo nuove frontiere di senso e di significato che quell’esperimento conclusosi precocemente può oggi sospingere.Così la domanda iniziale continua a scorrere, con rinnovata urgenza: perché suonare Beethoven o Mozart allo stesso modo, ripetendo all’infinito una modalità di approccio che a quel livello può considerarsi ormai risolta? Di nuovo c’è, appunto, la risposta che viene da Gould: «La musica deve iniziare di nuovo, ogni volta, come fosse la prima volta»
Dieci puntate per scoprire Glenn Gould. Che struttura ha dato a questo percorso?Ero interessato a generare una duplice direzione narrativa. La prima proveniva “dal basso”: due ragazze – Cecilia e Anahi – giovani ricercatrici “sulle tracce” di Glenn Gould, che si materializzano una notte nella sua macchina mentre Gould telefona all’amico Bob Fulford per comunicargli che ha trovato l’attacco della Sonata in fa minore di Beethoven, detta “Appassionata”. In realtà, subito dopo scopriamo che sono loro stesse “depositarie” della storia, sono loro che accendono la narrazione, come se sperimentassero un potere “evocativo” e fossero in grado di orchestrare la direzione e il senso del racconto. Non completamente, però: sarà infatti lo stesso Gould, nei panni di ombra celebrata o rievocata, a stabilire più tardi alcune coordinate del racconto, costringendo le ragazze a seguirlo …La seconda direzione giunge invece da un Mefistofele invecchiato e decaduto – chiamato Nicky-Mefisto – che ha conservato il potere di bussare alla porta di Gould per tentare di riportarlo nelle sale da concerto, da cui il pianista, come si sa, uscì definitivamente nel ’64. Figura inquietante, che ama dissimularsi dietro una servizievole ammirazione, figura altamente ideologica che si sforza ad esempio di smontare le teorie di Gould sulla non importanza dei concerti pubblici. Ad ogni incontro Nicky-Mefisto porta a Gould un assillo: il programma di quel “memorabile” Concerto del Ventunesimo Secolo che Gould farebbe bene a eseguire al più presto nei maggiori teatri del mondo: “New York, Carnegie Hall, Milano, Teatro La Scala… l’evento del Secolo… una Sala colma all’inverosimile, spettatori da ogni parte del mondo. Immagina il manifesto: ‘Glenn Gould ritorna sulle scene’. Programma: Bach, Beethoven, Brahms… e poi, se guardi bene, ho lasciato uno spazio bianco: puoi scrivere i nomi che vuoi, anche quell’Orlando Gibbons che ti piaceva tanto”.
Nei confronti di un personaggio di per sé così iconoclasta, quanta fiction è presente nelle trasmissioni e in cosa consiste?Se per “fiction” intendete la quota di verità contenuta nel Radiodramma, ce n’è abbastanza per disegnare un Gould a tutto tondo, che deriva in buona parte dalle suggestioni da lui stesso scritte e pronunciate. Gould amava raccontarsi, amava con sapiente arguzia mostrarsi alle prese con se stesso, con le sue pulsioni culturali e artistiche, divertendosi a creare deliziosi contrappunti dialogici, tentando di far parlare le diverse voci che dentro di lui convivevano. Sotto certi aspetti, la pratica drammaturgica, nel senso di lavoro sulle differenze e sulla contraddizione, è presente sia nella sua vita sia nel suo pianismo. E il “Radiodramma”, in tal senso, dovrebbe risultare forma e pratica ideali per esibire le diverse e contraddittorie sfaccettature dell’essere Gould.
Qual è il ritratto di Glenn Gould che uscirà da questo percorso?Il ritratto di un pianista-artista che sceglie, con ironia e con gioia, la problematicità del fare e ascoltare musica, che non disdegnerebbe una moratoria di almeno 5 anni per le sue tanto declamate Variazioni Goldberg, che si diverte a mostrare la trasgressione necessaria che ogni musicista dovrebbe operare rispetto ai modelli passati e passatisti, che sa di poter ancora oggi inondare la contemporaneità e il presente di una qualità sonora che soltanto lui possedeva e attraverso la quale ha reso possibile la scoperta o riscoperta sia di musicisti sommi come Bach o Schönberg sia di musicisti poco conosciuti come William Byrd, Orlando Gibbons, Paul Hindemith. E poi c’è anche il Gould che si presenta davanti a un giudice per dichiararsi “colpevole reo-confesso”. Di che cosa?, gli chiede il giudice. “Sono un falsario e un falsificatore, ho corrotto con la Tecnica i Compositori di musica, ho falsificato l’Arte pianistica del XX secolo, seguendo criteri abnormi, togliendo al suono il suo ambito naturale”.