mercoledì 20 marzo 2013

Aroldo - Maratona Verdi 2013 - IX


Ok! Con un po' di fatica, ma ce l'ho fatta anche questa volta, benché - in effetti - un bel po' in ritardo!
Dunque, proseguiamo il nostro percorso maratonico e parliamo un po' di un'opera non troppo considerata del nostro grande Verdi: Aroldo.
Nella cronologia, essa, è la diciannovesima, o meglio, la ventitreesima se nel catalogo aggiungiamo anche Jerusalem (rifacimento per l'Opera di Parigi de I Lombardi), Stiffelio (della quale Aroldo è il rifacimento) ed il primo Simone (che figura ufficialmente nel rifacimento del 1881). Non che ci interessi molto il numero di catalogo, a dir la verità!


Caratteristiche, curiosità, prima e fonti

Aroldo segue il "non piaciuto" Simone di Venezia nel marzo del 1857 e va in scena per la prima volta al Teatro Nuovo di Rimini nell'Agosto del 1857 dove viene applaudito da un folto pubblico, per poi essere rappresentato anche a Bologna, come nelle prime intenzioni di Verdi, Torino e Napoli.

Verdi doveva assolvere ad una vecchia promessa alla città di Rimini. Scartata una proposta caldeggiata dalla direzione del Teatro Nuovo, riguardante il "patrio soggetto" della Francesca (da Rimini) Verdi ripensò, perciò, al suo vecchio Stiffelio che sette anni prima aveva fatto fiasco a Trieste, perché presentato in una edizione completamente tagliata e rimaneggiata in maniera brutale sia dalla censura austriaca che da quella ecclesiastica. 


Lo Stiffelio viene rispolverato e riadattato da Francesco Maria Piave che trae ispirazione da Il fidanzato di Walter Scott, che aveva per protagonista un crociato, e l’Ardoldo di Bulwer-Lytton.


Per farvi capire quanto fosse pressante la censura sappiate che lo stesso anno venne rappresentata, nello stesso teatro, la Lucrezia Borgia di Donizetti sotto il titolo, imposto, di Eustorgia da Romano.
Aroldo, poi, confronto al suo originale (s'intende lo Stiffelio) presenta moltissime modificazioni, ad esempio: il protagonista non è più un sacerdote ma un guerriero reduce dalla Palestina, l'azione si svolge intorno al 1200, il terzo atto viene diviso in due, buona parte del materiale rimane invariata con l'aggiunta o la sostituzione di pochi pezzi, il quarto atto è completamente nuovo.

(In breve) Dramma lirico in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, rifacimento dello Stiffelio.
Prima: Rimini, Teatro Nuovo, 16 Agosto 1857.


Drammatis Personae
Aroldo, cavaliere sassone - tenore
Mina, di lui moglie, figlia di Egberto - soprano
Egberto, vecchio cavaliere, vassallo di Kenth - baritono
Briano, pio solitario - basso
Godvino, cavaliere di ventura ospite d'Egberto - tenore
Enrico, cugino di Mina - tenore
Elena, sua cugina - mezzosoprano
Jorg, servo d'Aroldo - mimo
Cavalieri crociati, gentiluomini e dame, paggi, cacciatori, Sassoni, paesani scozzesi

Primi del 1200 - Scozia


Trama: 

(Atto I) Sala nel castello di Egberto nel Kent. Il vecchio cavaliere Egberto ha organizzato un banchetto in onore di Aroldo, suo genero, che é appena tornato dalla crociata in Palestina: dall'interno si odono canti che inneggiano alla vittoria di Aroldo sui saraceni. In preda a una forte agitazione, esce dalla sala del banchetto Mina, figlia di Egberto e moglie di Aroldo: mentre il marito era in guerra, gli é stata infedele, lasciandosi sedurre da Godvino, uno degli ospiti del padre; ora che Aroldo é tornato si sente oppressa dal rimorso e prega il cielo perché l'aiuti. La raggiunge Aroldo, accompagnato dal pio Briano, divenuto suo amico inseparabile da quando gli salvò la vita in Palestina. Rimasti soli, Aroldo racconta a Mina come, mentre era via, pensasse continuamente a lei. Queste parole aumentano il senso di colpa di Mina, che scoppia in lacrime. Aroldo si stupisce di non vederle al dito l'anello nuziale e le domanda dove sia: la donna non risponde. Chiamato da Briano, Aroldo esce. Mina resta sola e si abbandona su una sedia con il volto tra le mani. Non visto, giunge Egberto, il quale comprende, dal malessere della figlia, che i suoi sospetti su Godvino sono fondati. Mina decide di scrivere una lettera di confessione al marito, ma è interrotta dal padre, che le consiglia di non rivelare niente ad Aroldo se non vuole farlo morire di dolore. Godvino, vedendo che Mina lo ignora mentre lui la ama ardentemente, ha deciso di scriverle una lettera. Questa viene lasciata in un libro chiuso da un fermaglio, che sta sulla tavola, e di cui egli possiede la chiave. La scena è vista a distanza da Briano, che pensa di riconoscere in Godvino un amico di Aroldo. La sala intanto si va riempiendo di invitati. Tra questi c'è Enrico, il cugino di Mina. Briano, convinto che si stia attentando all'onore di Aroldo, rivela all'amico ciò che ha visto, ma identifica erroneamente l'uomo che ha messo la lettera nel libro con Enrico, che è vestito come Godvino. Aroldo controlla a stento il suo furore. Intanto gli invitati gli si affollano intorno, congratulandosi con lui, ed Egberto chiede al genero di raccontare le gesta di re Riccardo in Palestina. Ma Aroldo preferisce narrare la storia di un uomo che, chiudendo uno scritto in un libro, insidiò l'onore di un amico; una storia simile, prosegue, è raccontata anche in quel libro posto sulla tavola e chiede a Mina la chiave per aprirlo. Gli ospiti sono sconcertati: al rifiuto della donna, Aroldo rompe il fermaglio e cade a terra una lettera. Egberto la raccoglie, ma si rifiuta di consegnarla al genero. Aroldo inveisce contro il vecchio, nonostante Mina lo preghi di rispettarne l'età. Egberto intanto, senza farsi sentire dai presenti, invita Godvino a raggiungerlo più tardi al cimitero per sfidarlo a duello.
(Atto II) Quella stessa notte Mina, in preda al rimorso, cerca conforto sulla tomba della madre: implorante si rivolge a lei perché l'aiuti a ottenere il perdono da Dio. La sorprende Godvino: nonostante la donna lo inviti a non profanare quel luogo sacro, egli le dichiara il suo amore; Mina lo respinge, chiedendogli di restituire l'anello; all'ostinato rifiuto di Godvino, essa minaccia di dire tutto al marito. Ma irrompe Egberto e impone nuovamente alla figlia di non rivelare ad Aroldo la verità; quindi sfida a duello Godvino: questi dapprima rifiuta di battersi con un vecchio; poi, provocato dai suoi insulti, accetta lo scontro. Attirato dai rumori del combattimento, giunge Aroldo e ordina ai due uomini di deporre le spade. Tentando di farli riconciliare dice a Godvino, più giovane, di gettare per primo la spada, quindi lo disarma e gli stringe la mano. Ma Egberto inorridisce e rivela al genero che ha dato la mano a chi l'ha tradito. Aroldo rimane stupefatto: chiede alla sopraggiunta Mina di discolparsi; ma di fronte all'ostinato silenzio della moglie, afferra la spada di Egberto e sta per assalire Godvino, quando ode dalla chiesa le voci dei fedeli che intonano il Miserere. Giunge quindi Briano e ricorda all'amico che un cristiano ha il dovere di perdonare: trascinandosi ai piedi di una croce, Aroldo cade svenuto.
(Atto III) Egberto apprende che Godvino è fuggito e ha lasciato alla figlia una lettera in cui la prega di raggiungerlo. Oppresso dalla vergogna per non essere riuscito a vendicarsi, Egberto sta per togliersi la vita, quando giunge Briano a comunicargli che Godvino, catturato, sta per ritornare al castello. Egberto, già pregustando la vendetta, si abbandona a una gioia sfrenata. Entra Aroldo con Godvino: il crociato gli domanda cosa farebbe se Mina fosse libera dal suo vincolo coniugale, ma l'altro non crede possibile una tale evenienza. Aroldo lo fa allora passare in una stanza vicina perché possa ascoltare la conversazione tra lui e sua moglie. Mandata a chiamare, Mina entra: Aroldo dice alla donna che è ormai venuto meno il fondamento della loro unione, cioè l'amore; le porge quindi una richiesta di divorzio da firmare. Essa, in lacrime, dapprima si oppone; poi, irritata dai rimproveri del marito, accetta. Ma ora che non è più suo marito, gli chiede di ascoltare la sua confessione in qualità di giudice: essa è stata indotta all'adulterio con l'inganno, ma in cuor suo gli è rimasta sempre fedele. Aroldo, colpito, è incerto se punire Godvino con la morte. Ma, in quel momento, giunge Egberto con la spada insanguinata: ha ucciso lui il traditore. Briano e Aroldo vanno a pregare in chiesa, mentre Mina invoca nuovamente il perdono divino.
(Atto IV) Valle in Scozia. È sera. Pastori, donne e cacciatori scendono dai monti cantando; anche Aroldo e Briano fanno ritorno alla loro modesta dimora, dove ora vivono lontano dal mondo: la serenità del luogo acuisce per contrasto il tormento di Aroldo, ancora innamorato della moglie. Non appena la campana della chiesa del villaggio suona l'Ave Maria i due uomini si inginocchiano a pregare; entrano quindi in casa. Il levarsi di un forte vento, che agita le acque del vicino Lago Loomond, annuncia burrasca. Scoppia infatti l'uragano, proprio nel momento in cui sta portandosi a riva una barca. Gli abitanti del villaggio si affrettano a gettare una fune per trarla in salvo e, dopo vari sforzi, la barca riesce ad approdare. Da essa scendono Mina ed Egberto. Cercando rifugio, bussano alla porta della casa di Aroldo. Egli apre e, vedendo sua moglie, tenta di respingerla; ma Mina lo supplica di perdonarla. Anche Egberto implora pietà. Ancora una volta Briano ricorda all'amico i suoi doveri cristiani, invitandolo al perdono. Come ispirato dal cielo, Aroldo perdona Mina. I due si abbracciano: la divina legge dell'amore ha trionfato.
QR del libretto

Libretto in formato web e pdf.


Spartito, partitura, parti qui.



1951 Vasco Campagnano, Maria Vitale, Rolando Panerai, Felice de Manuelli -  Arturo Basile,Orchestra Sinfonica e Coro di Torino della RAI
2001 Neil Shicoff, Carol Vaness, Anthony Michaels-Moore, Roberto Scandiuzzi - Fabio Luisi, Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino
2003 Gustavo Porta, Adriana Damato, Franco Vassallo, Enrico Giuseppe Iori - Piergiorgio Morandi, Orchestra della Fondazione Toscanini


Vi segnalo anche:

http://www.rotaryriminiriviera.org/pubblicazioni.html
 
A presto,
Giorgia

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