sabato 1 giugno 2013

Una Decadenza Traviata


Compito arduo il mio di oggi!

Recensione di Traviata… come fare? Dirvi che “va tutto bene”, perché forse non sono all’altezza di dare un giudizio?! No, anche perché, la mia, rimane un’opinione. Dirvi che “va tutto male”, sprezzando gli sforzi di cast e personale amministrativo? No. Dunque, che fare?! Ah! Giusto! Devo fare qualcosa che di questi tempi non si fa più, ovvero essere obbiettivi e corretti ed indagare tutti gli aspetti della messa in scena… o almeno provarci.  
Dopo questa noiosa ed un po’ polemica introduzione, che vi fa però capire e ribadisce i motivi per cui scrivo su questo blog, iniziamo.


Piena di contraddizioni e postille, sarà, questa mia “cronaca” dei fatti (29 Maggio). 

Il sipario si apre. Nessuna musica (a parte un fastidioso concerto per Tosse e Catarri offerto dal pubblico presente che si è protratto per tutta l’opera -.-‘ [e concedetemi la “faccina” di disappunto!]).
Un bordello di basso borgo, che “cade” sulla sua passata bellezza. Si percepisce la pesantezza, la cui abitazione è metafora, della malattia che grava sulla protagonista. Il medico infatti la visita. Parte la musica su questa diapositiva. Trovo questa scelta registico-scenografica molto interessante, rende lo spettatore partecipe alla sofferenza della donna. Significativa è poi, dopo il preludio strumentale, la presenza durante tutti gli atti, di una parte della casa-chiusa nel proscenio anche se in scena si susseguono i luoghi soliti.
Idea, già vista, ma ben congegnata, quella del “teatro nel teatro” (il famoso meta-teatro che tanti amano ed osannano) realizzata a fine III atto con un telone nero semitrasparente e un’illuminazione che lascia scorgere le figure disposte sullo sfondo, le quali, appoggiate ad una ringhiera assistono alla morte della protagonista ed  applaudono “a rallentatore” al suo spirare. 

La scenografia di Rudy Sabounghi e le luci di Laurent Castaingt sono ben riuscite, i costumi di Jorge Jara pure, a parte il rosa shocking del vestito di Violetta che mi ha un po’, per l’appunto, scioccato.. La regia di Jean-Louis Grinda, devo ammettere, era parecchio statica. Un vero peccato (!) perché “fotograficamente” era ricchissima ed intensa. L’uso del coro, con i suoi ventagli, la sua presenza come marea e come folla e l’idea del balletto al secondo atto, con la buffa imitazione della ballerina da parte del cameriere, sono stati mirabili. La si può definire una regia tradizionale, con costumi più recenti rispetto all'ambientazione storica detta ed anche a Verdi stesso, ma si notano idee ed inserti sicuramente innovativi e se non altro contemporanei (o quasi..).



Della regia non mi è piaciuta l'iniziale presenza di Violetta in scena durante l’aria di Alfredo del II atto e quella costante di Annina al fianco di Traviata, sembrando così una sua appendice, nonché l'inizio del III atto, come presto scoprirete...


Sulla direzione del M° Luisi non ho nulla da appuntare se non certi tempi, che credo siano dovuti ad una volontà dei cantati piuttosto che ad un’intenzione del direttore. L’orchestra ha svolto bene il suo compito, lavorando, pare, in sintonia con il Maestro d’Orchestra.




Per i cantanti diventa davvero dura! Ho apprezzato, personalmente, l'Annina di Paola Santucci, la Flora di Veleria Sepe, il Barone di Valdis Jansons, l'altissimo Dottore di Grenvil Christian Faravelli ed il Marchese di Claudio Ottino. Un cast di ruoli non protagonisti davvero notevole ed adeguato con delle voci belle, duttili, timbrate, dalla buona pronuncia e dalla forte presenza scenica. Per i protagonisti, invece, ho più “rimostranze”.


Alfredo di Atalla Ayan ha dei problemi di intonazione al primo atto, la voce c’è, ma non mi affascina, il fraseggio non l’ho avvertito, forse perché più preoccupato per il canto che per scena. La Devia nel ruolo del Titolo “mi è scesa” diciamo noi ragazzi..., la signora è davvero una gran donna che accetta anche le sfide più difficili. Ha una grande, grandissima, carriera ed esperienza alle spalle, ma la voce, seppur presente (i sovracuti c’erano tutti e la tessitura centrale pure), del legato stupendo, perde un po’ in agilità (strano a dirsi!), si fa pesante e ancor peggio tremolante, si riprende poi dal secondo atto, acquistando leggerezza e punta (eliminando parzialmente, così facendo, il fastidioso vibrato).
Qui una nota registica: se è vero che la regia è stata improntata sin dall’inizio ad una visione della decadenza e della malattia di lei, cose che si vedono abbastanza durante lo svolgimento, non capisco come all’inizio del III atto lei non riesca neppure a reggersi in piedi e dopo aver … letto.. no! … recitato?.. no!! … Detto?! Si. “detto” la famosa lettera possa alzarsi in piedi con forza e vigore ed urlare “è tardi!!” e girare per casa come se nulla fosse. Sia chiaro che Verdi scrive questo, ma di certo non possono collimare le scelte registiche del “non riesco ad alzarmi dal letto” e del “mi alzo in piedi come una furia”: per quanto furente, Violetta, è pur sempre malata, il dottore le dà poco più di sei ore di vita! Questo, da un lato, testimonia come la Devia sia un’ottima cantante, una grande interprete, anche se non più frizzante, mi duole ammetterlo perché la stimo ed ammiro moltissimo, ma non una perfetta “attrice”, non un buon “personaggio”.

Vi dico, anche, che l’avevo sentita nel suo recital al Carlo Felice nel 2008 in forma smagliante e riascoltarla con tutta la voce “che balla” mi è molto dispiaciuto e che due anni fa avevo assistito alla Traviata con Irina Dubrovskaja ed era stata davvero eccezionale, scenicamente e vocalmente, oltre che frizzante, leggera e potente al contempo. Il baritono in G. Germont, infine, non era Servile, sostituito (all'inizio per con mio dispiacere e poi con mia infinita gioia) per indisposizione da Domenico Balzani, il quale, mi ha affascinata con la sua timbratissima voce, il suo legato il suo fraseggio e le sue ottime pronuncia ed azione scenica.


Un successo a metà, direi, la chiusura di questa stagione. Rimpiango solo di non aver ascoltato in scena il genovese Francesco Meli, che avevo avuto il piacere di udire in un concerto al Conservatorio Paganini qualche mese fa.












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