mercoledì 3 aprile 2013

Simon Boccanegra - Maratona Verdi 2013 - XI

Sublime questo sentimento d'una patria italiana a quell'epoca!


[Così il nostro compatriota scriveva a Ricordi in una lettera del 20 Novembre 1880, quando era impegnato nel rifacimento dell'opera in questione].  

Complessa e lunga la vicenda di Simon Boccanegra, sia dal punto di vista storico-biografico sia dal punto di vista narrativo e della trama.

Devo dire che tengo molto a quest'opera, perché siamo un blog che nasce con la volontà di rivalutare Genova, e questa è proprio un'opera che tratta della nostra Superba.

Vi racconterò anche un aneddoto personale: due anni fa sono andata in Argentina e proprio in quel momento - era estate per noi, ovvero inverno per loro - il Colon, famoso teatro dell'opera di Buenos Aires, metteva in scena il Simone! Disgraziatamente però non sono riuscita a procurarmi un biglietto in tempo... non sapete quanto mi sia dispiaciuto non potervi assistere! Beh, in compenso mi sono gustata un ottimo III (Concerto per pianoforte e orchestra) di Beethoven!
Ebbene, inziamo con la storia ed alcune curiosità!

Storia
Premessa: l'opera ha due versioni, la prima, per Venezia, su libretto di Francesco Maria Piave (con modifiche di Giuseppe Montanelli*) e la seconda, per Milano, con variazioni al libretto di Arrigo Boito; non bisogna comunque dimenticarsi della forte influenza del compositore durante la stesura del libretto - per dirla con Mioli potremmo definirlo un libretto a sei, se non otto, mani poetiche.

[* ecco come Verdi liquida il librettista dopo le modifiche apportate da Montanelli a Parigi: Eccoti il libretto accorciato e ridotto presso a poco come deve essere. Come ti dissi in altra mia, tu devi mettere o no il tuo nome. Se quanto è avvenuto ti spiace, a me spiace pure, e forse più di te, ma non posso dirti altro che "era una necessità.]

La prima prima si tenne al Teatro la Fenice (di Venezia per l'appunto) nel 1857, la prima con testo adattato invece, si tenne al Teatro alla Scala (di Milano) nel 1881.

1885, La Fenice vuole un'altra opera, il contratto verrà firmato solo un anno dopo. Verdi ha già chiaro il soggetto: Simon Boccanegra, tratto dal dramma di Antonio García Gutiérrez - stesso autore di Trovatore -  Venezia fu un completo insuccesso, tanto che lui stesso affermò di sentirla "monotona e fredda" e sempre lui decise di toglierla dalle scene per più di vent'anni dalla prima rappresentazione, quando l'amico e suo editore Giovanni Ricordi - e chisennnoooo? - gli suggerisce di ripensare al genovese Boccanegra.
La "riedizione" si svolse nel periodo in cui il compositore aveva già scritto Aida ed il Requiem, con progetti per l'Otello, per il rifacimento dello Stiffelio (Aroldo), progettazione Re Lear e composizione della Battaglia di Legnano.

Sembra, comunque che il rifacimento abbia impegnato Verdi per poco più di sei settimane, si preoccupava sopratutto del finale del primo atto. Le modifiche stanno nella revisione del primo atto, per il quale Verdi viene ispirato da due lettere di Francesco Petrarca, una indirizzata al Doge di Genova e l’altra a quello di Venezia, che condannavano le lotte fratricide tra le due Repubbliche. Rifacendosi a una verità storica e mischiando così verità scenica e storia la lettera di Petrarca comparirà non solo nel testo del libretto, ma anche sulla scena.



Boccanegra in breve da Enciclopedia Treccani 
Boccanégra, Simone. - Primo doge di Genova (m. il 14 marzo 1363); eletto dal popolo il 23 sett. 1339, fu confermato dal parlamento che decise però l'istituzione presso il doge di un consiglio di quindici popolani, l'esclusione dei nobili dal dogato e dei guelfi da ogni ufficio pubblico. B. tentò di pacificare gli animi, ma poiché i nobili avevano ottenuto di entrare nel consiglio in pari numero coi popolani, fu costretto a rinunciare al dogato (23 dic. 1344). Ritiratosi a Pisa, dopo che il terzo doge Giovanni di Valente ebbe consegnato la Repubblica ai Visconti (1353), il B., fingendosi loro amico, riuscì con l'appoggio di questi a rientrare a Genova. Riassunto il dogato (15nov. 1356), governò con fermezza contrastando le mene dei nobili. Morì, secondo la tradizione, avvelenato in un banchetto.



Drammatis Personae 
Simon Boccanegra, corsaro al servizio della Repubblica genovese, poi primo Doge di Genova - baritono
Jacopo Fiesco, nobile genovese; poi sotto il nome di Andrea Grimaldi - basso
Maria Boccanegra, figlia di Simone, sotto il nome di Amelia Grimaldi - soprano
Gabriele Adorno, gentiluomo genovese - tenore
Paolo Albiani, filatore d'oro, genovese, poi primo Doge di Genova, poi cortigiano favorito del Doge - baritono
Pietro, popolano di Genova; poi cortigiano - basso
Capitano dei balestrieri - tenore
Un'ancella di Amelia

Ambientazione: Genova - XIV sec. 
Durata: 2 ore e 30 min. 


















Trama
Prologo - Piazza di Genova. Nel fondo la chiesa di San Lorenzo, a destra il palazzo dei Fieschi. Notte. I genovesi Paolo Albiani orefice e Pietro popolano, in odio ai patrizi decidono di eleggere doge, e se occorre con la violenza, Simon Boccanegra, "corsaro al servizio della Repubblica". Simone accetta con la speranza di strappare all' "empio ostello" dei Fieschi la donna che vi geme prigioniera e che egli ha amato avendone una bimba, di cui nulla sa dopo la sua misteriosa scomparso. La donna è una Fieschi figlia di Jacopo, che ha disonorato la famiglia: da ciò la sua segregazione. Tornata deserta la piazza, il nobile Jacopo Fiesco esce dal palazzo dove la figlia peccatrice è morta. S'incontra con Simone, cui rimprovera l'oltraggio ma tace la sciagura. Simone chiede inutilmente perdono: lo otterrebbe soltanto a patto ch'egli consegnasse al Fiesco il frutto del suo amore con la patrizia; ma egli non può, egli crede perduto quel frutto dopo la sua scomparsa. Jacopo lo lascia solo e Simone, tentato di vedere la donna amata e prigioniera, entra nel palazzo. La trova cadavere. In quella Paolo, Pietro e il "popolo d'ambo i sessi con fiaccole accese", irrompono nella piazza acclamando Simone doge . "Una tomba ... ", grida questi. "Un trono! ... ", risponde Paolo. "Doge Simon? ... m'arde l'inferno in petto!", commento il Fiesco.
( I Atto) Giardino dei Grimaldi fuori Genova, di fronte al mare. Spunta l'aurora. Amelia Grimaldi, sotto il cui nome si nasconde la figlia naturale di Simone, Maria Boccanegra, si trova segretamente con il fidanzato Gabriele Adorno, qentiluomo genovese che ha per rivale d'amore Paolo Albiani. Già nel duetto che ne segue è fatto cenno velatamente alla congiura dei patrizi genovesi, tra cui sono Gabriele Adorno e Jacopo Fiesco, celato questo sotto il nome di Andrea, intesi ad abbattere Simone. Ma arriva il popolano Pietro che annuncia una imminente visita del doge in casa Grimaldi. Gabriele è interdetto. Amelia gli comunica che la visita ha il solo scopo di chiedere "sua destra" per altro favorito dogale e lo invita a farsi avanti per tempo. Va Gabriele in cerca di Andrea (Jacopo Fiesco), mentre Amelia rientra a palazzo; e subito lo incontra e qli chiede di consentire al matrimonio suo con Amelia. Andrea consente, spiegando però che "alto mistero sulla vergine incombe", e che Amelia non è una Grimaldi bensì un'orfana d'umili origini. Ma "ecco il Doge: partiam". Ora sono in giardino il doge e Paolo col seguito. Il doge avvicina Amelia promettendo pace ai nemici Grimaldi patrizi e auspicando all'unione dell'ospite gentile con Paolo Albiani. Dalle confidenze di Amelia, che egli dice non essere una Grimaldi ma un'orfana, e dal ritratto d'una donna che già aveva in custodia la fanciulla sulla marina di Pisa, egli scopre in lei la figlia scomparsa venticinque anni prima. Si abbracciano commossi. A Paolo, sopraggiunto quando la fanciulla è rientrata nelle stanze, impone di rinunziare a ogni speranza, poi segue la figlia ritrovata. Paolo e Pietro progettano allora di rapire Amelia e di nasconderla nell'abitazione di Lorenzino usuriere. Le ultime scene si svolgono nella sala del Consiglio del Palazzo degli Abati. Dal seggio ducale, alla presenza dei consiglieri, Simone tratta degli affari di Stato quando s'ode un crescente rumore di tumulto dalla piazza dei Fieschi. Tra grida di viva e morte al doge, irrompe il popolo trascinando seco Gabriele e Andrea, i quali avevano ucciso l'usuriere Lorenzino ritenuto colpevole d'aver rapito Amelia. Prima di morire Lorenzino stava svelando il nome dell'uomo "possente" che l'aveva spinto al crimine. Gabriele pensa si tratti non di Paolo, ma dello stesso doge, e accusandolo di ratto cerca di colpirlo col pugnale. Amelia, che nel frattempo è riuscita a fuggire, entra in quel punto e si interpone dichiarando l'innocenza di Simone e invocando da lui il perdono di Gabriele. Paolo, ancora insospettato, salvo che da Amelia, medita nuove vendette.
(II Atto) Stanza del doge nel palazzo ducale. Andrea e Gabriele, prigionieri per una notte, vengono tratti alla presenza di Paolo, che confida loro di odiare a sua volta il "tiranno" e propone a entrambi di trucidarlo. Il Fiesco rifiuta e ritorna in carcere. L'Adorno si trattiene. A lui Paolo dice che anche Amelia è nel palazzo e "del vegliardo è segno alle infami dilettanze". Duro scontro tra Gabriele ed Amelia che, accusata dal giovane, non può svelare il segreto della paternità di Simone. Il quale entra mentre Gabriele si nasconde sul poggiolo e assiste di là, furiosamente ingelostio, a un episodio di tenerezza tra Amelia e il padre, cui "ardon le fauci" (ma questa è una variante di Boito) al pensiero che la figlia ami il traditore suo. Poi Simone s'addormenta e per la seconda volta Adorno, uscito dal nascondiglio, tenta di pugnalarlo. Ancora si interpone Amelia e finalmente il doge - era tempo - confessa a Gabriele Adorno d'essere genitore alla fanciulla. Fuori continua la sommossa.
(III Atto) Interno del palazzo ducale. Viene ridata libertà al Fiesco ma è tratto in catene Paolo, condannato al supplizio perché colto tra i rivoltosi con l'armi in pugno. Un coro dall'interno indica che si stanno celebrando le nozze di Amelia e Gabriele. Paolo freme ma sa che la vendetta non tarderò a venire poiché egli ha fatto in tempo ad avvelenare Simone. In un successivo colloquio tra il Fiesco e Simone, questi rivela che Amelia Grimaldi, l'orfanella, è in realtà Maria Boccanegra, la figlia della Fiesco da lui amata in gioventù. Jacopo trasalisce, desolato di perdonare troppo tardi all'antico seduttore della sua creatura. Nell'ultima scena, con intervento degli sposi novelli, Simone muore, dopo avere additato nello Adorno il successore. Maria Fieschi Boccanegra Adorno piange insieme, doppiamente intenerita, la morte del padre e la scoperta del nonno paterno. "Lenti e gravi tocchi di campana. Tutti s'inginocchiano.

















Ci vediamo mercoledì prossimo con la seconda parte! ù
Giorgia

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